Tema 2025

Paese di Speranza e Nuove Albe
Per la XXXVIII edizione delle Feste Medioevali, Offagna spalanca le sue porte sotto il segno della speranza: un tema profondo, antico e attuale, che attraversa la storia e parla al cuore di ciascuno. Essa è fuoco che tiene in vita, forza che alimenta l’attesa di nuovi giorni, luce che irradia il cammino pur tra le ombre del presente. È hic et nunc, è qui e adesso, ma anche ponte verso ciò che ancora non è. Nella tradizione cristiana, la speranza era una delle tre virtù teologali, definita però “rischiosa”: del domani, nessuno ha certezza. Eppure nella mitologia greca era un dono, l’ultimo, conservato nel vaso di Pandora dopo che tutti i mali si erano sparsi nel mondo. “Solo Speranza, come in una casa indistruttibile, dentro all’orcio rimase”, scriveva Esiodo. Per i Romani, era “Spes Ultima Dea”, l’ultima dea a cui aggrapparsi. Ecco l’àncora che non cede: ogni nuovo giorno porta con sé una promessa. L’aurora – Eos, per i Greci – è dea giovane e luminosa, dai candidi cavalli e dalle rosee dita, che corre veloce aprendo il giorno alla luce. L’alba è dunque simbolo potente di speranza: dissoluzione del buio, inizio di un nuovo possibile. In questo spirito Offagna si fa magia. Per otto giorni, il borgo si trasforma in un palcoscenico senza tempo, in cui storia e mito si intrecciano con l’esperienza sensoriale: i colori vibranti dei vessilli accendono lo sguardo, i suoni dei musici e dei tamburi avvolgono l’aria, i sapori delle antiche ricette conquistano il palato, i profumi di erbe e spezie riportano ad epoche lontane, i gesti degli artigiani e figuranti rendono vivo il passato. Le Feste Medioevali non sono solo rievocazione: sono un atto collettivo di fede nel domani, un invito a guardare avanti senza dimenticare le radici. E in ogni mattino che si accende sul borgo, come in ogni speranza autentica, c’è un seme di futuro che attende di fiorire.
L'artista racconta ...
L’immagine dipinta nasce – letteralmente – dalla Rocca che, come i rami di un albero assetato di vita, si tende verso la luce quasi a voler succhiare l’energia sprigionata da un’ alba strabiliante. Così si fa speranza e prende la forma di una meravigliosa fenice, pronta a risorgere al cospetto di uno scenario dalla bellezza e dalla lucentezza disarmanti: è la nascita di un nuovo giorno. A fare da sfondo a questo momento sacro e quasi onirico sono delle nubi iridescenti che, mentre si dipanano verso l’esterno, mutano in un altro paesaggio fino a prendere le sembianze delle nostre meravigliose colline marchigiane. L’opera vuole simulare una Vetrata Artistica, tecnica che vede la sua massima espressione proprio nel periodo del Basso Medioevo, durante il quale si sviluppa una corrente non lontana dal nostro territorio, una scuola che segnerà indelebilmente lo sviluppo dell’espressione culturale italiana: l’Arte Umbra. Proprio in questo ambiente troviamo degli esempi di iconografia cristiana in cui la virtù teologale della Speranza, più comunemente simboleggiata dalla figura di un’àncora, viene invece raffigurata sotto forma di fenice, la creatura mitologica capace di risorgere dalle proprie ceneri. Ed è qui che pulsa il cuore dell’opera: proprio come nelle antiche chiese e cattedrali i coloratissimi rosoni e le vetrate artistiche raccontavano una storia ad un pubblico di fedeli strabiliati, anche questa vetrata racconta la sua. Tutti i tasselli sono al proprio posto: piccoli, grandi, molti imperfetti, alcuni stanno qua e poi li ritroviamo là, altri appena visibili, in un equilibrio delicato ma allo stesso tempo perfetto. Questi piccoli frammenti di vetro delicatissimo sono in grado di creare qualcosa di straordinario: questi piccoli frammenti sono gli Offagnesi, che con impegno e dedizione danno vita allo spettacolo delle Feste Medievali per la Trentottesima volta.
Artista: Giulia Ippoliti
Tecnica usata: pittura acrilica su tela
Uno dei borghi più belli d'Italia
Offagna è uno dei borghi più belli d’Italia, un diamante in pietra dorata tra onde di colline che finiscono nel mare.
La rocca regina domina il panorama, dai Sibillini alla riviera del Conero.
La storia qui non appartiene al passato ma convive con il presente delle persone,
assiste e partecipa come memoria che passa dalle generazioni più grandi a quelle più piccole.
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